Padova

Non solo Giotto e Cappella degli Scrovegni...

La fondazione

Secondo la tradizione l'origine di Padova è leggendaria e nobile: sarebbe infatti stata fondata nel 1185 a.C. dalla figura mitologica di Antenore, che risalì il Brenta alla ricerca di una nuova casa dopo la fuga da Troia e scacciò gli Euganei da quest'area, relegandoli a sud, a ridosso dei colli vulcanici che ancora portano il loro nome.

Fonti storiche e ritrovamenti archeologici, ora esposti ai Museo Eremitani,  affermano che i primi abitanti del Veneto furono gli Euganei o Protoveneti, ai quali seguirono i Paleoveneti e quindi gli attuali Veneti o Eneti, popolazione probabilmente proveniente da una zona settentrionale dell'Asia Minore (ora Turchia) chiamata Paflagonia e, secondo Omero, al fianco dei Troiani nella guerra contro l'Alleanza delle città-stato della Grecia.
I Veneti abitarono stabilmente un'area che corrisponde all'incirca all'attuale Triveneto, anche se c'è chi afferma che i Veneti abitarono una vastissima area che va dal Mare del Nord all'Adriatico. La lingua che si usava era infatti un misto di etrusco, greco e influssi nordici.
Testimonianze archeologiche confermano l'esistenza, intorno al XII secolo a.C., di un insediamento in una zona acquitrinosa formatasi per la presenza del fiume Brenta, per i Latini, "Medoacus". Lo stesso nome romano della città, "Patavium", sarebbe riferibile a Padus, (fiume, acquitrino oppure l'antico nome del fiume Po, un ramo del quale arrivava allora fin qui) e testimonierebbe lo stretto rapporto tra l'insediamento e le acque fluviali, la natura di Padova città d'acque.

Per la sua posizione al centro di una pianura fertile, la vicinanza della già fiorente città di Atheste (l'attuale Este) e la confluenza geografica di vie di comunicazione che uniscono nord e sud, est e ovest, la città diviene presto un grosso centro produttivo e commerciale, famoso per l'allevamento dei cavalli e la lavorazione della lana.
I Greci continuavano a spingersi a nord lungo le coste dalmate e a tentare di risalire il Medoacus e nel 302 a.C. il re spartano Cleonimo, giunto quasi in città, fu sconfitto in una memorabile battaglia navale che continuò a venire ricordata per secoli con i giochi e le battaglie che si svolgevano lungo il Piovego, nei pressi di ponte S. Agostino.

Padova Romana

Stele funeraria di epoca romana conservata al Museo Archeologico

La città entra in contatto con Roma fin quasi dalle origini di questa, stringendo un'alleanza militare per fronteggiare insieme la pressione dei Galli, stanziati sulle vicine colline Beriche, a sud dell'attuale Vicenza. Successivamente i sempre più frequenti rapporti determinano la romanizzazione della città, che diventa municipium tra il 49 e il 42 a.C, probabilmente nel 45 a.C con la Lex Julia Municipalis. Fu ascritta alla tribù Fabia, assimilata alla gens Julia, e visse pacificamente per 4 secoli, divenendo una delle più ricche città dell'Impero grazie, tra le altre cose, all'allevamento di cavalli. Poco prima di questo evento nacque, appena fuori città, Tito Livio, che di Roma scrisse la storia nella monumentale opera "Ab urbe condita" in età augustea.

In questo periodo Padova era la terza città più importante, dopo Roma e Cadice e divenne parte della X Regio che aveva come capitale Aquileia, cui era collegata grazie alla via Annia (costruita nel 731 a.C.) che partiva da Adria. Questa antichissima ed importante strada permetteva di collegarsi con la Postumia, che attraversava la Pianura Padana, arrivando fino a Genova e proseguiva oltre Adria con la Annia Pompilia e la Flaminia che terminava a Roma. Propio questa posizione di crocevia e la facilità ad usare i corsi d'acqua per il trasporto delle merci, permisero alla città di raggiungere una felice condizione economica.

A quell'epoca la città si era sviluppata attorno al cardo e al decumano che corrispondevano rispettivamente alle attuali assi di strà Maggiore (ora via Dante)/via Barbarigo e via S. Francesco, l'Umbelicus Urbis si collocava nell'attuale piazza del Duomo.
Le mura romane, di cui non rimangono purtroppo tracce si estendevano probabilmente da ponte Molino a porta Altinate, a porta Pontecorvo, a ponte S.Giovanni delle Navi a ponte dei Tadi.
Altro asse fondamentale per la città era quello di via Altinate (così chiamata perché portava ad Altino, tappa fondamentale della via per Aquileia)/corso Milano e corso Garibaldi/via Roma.
Nel punto d'incontro di queste due strade c'era il Foro, che si estendeva in corrispondenza dell'attuale Listón da piazza Garibaldi a piazza Cavour.
Del Foro ci rimane solo la Colonna della Madonna dei Noli, al centro di piazza Garibaldi. Appena oltre il Foro, le Terme, i cui resti sono stati trovati nell'area tra il Municipio e via San Canziano, dove era il nucleo più antico della città un po' più a Nord, l'Arena, i cui resti sono ancora visibili nei giardini omonimi. A sud, poco fuori dai confini della città, il magnifico teatro dello Zaìro e il Circo, nell'area in cui ora sorge Prato della Valle.

Dal paleocristiano alle invasioni

Proprio questa area fu teatro delle persecuzioni ai primi cristiani e qui fu martirizzato intorno al 300 d.C., secondo la tradizione, S. Daniele, uno dei 4 patroni di Padova. Con lui anche S. Giustina che si narra sia stata catturata nel punto dove ora sorge porta Pontecorvo. Tutta la zona a sud della città, da Prato della Valle alla Caput Silvae (la strada Conselvana), ma soprattutto Puteus Vitaliani, (Pozzoveggiani) fu l'area di ritrovo dei primi Cristiani, guidati da San Prosdocimo, primo Vescovo di Padova e suo Patrono.
Puteus Vitaliani deve probabilmente il suo nome a Vitaliano, Prefetto della città, convertito al cristianesimo e, forse, padre di S. Giustina.

I confini della città già erano marcati dai canali navigabili che la circondavano e costituivano una barriera agli assalti.
Le vie di accesso alla città erano limitate ai ponti come ponte S. Lorenzo, ponte Molino, ponte Corvo, ponte di San Giovanni delle Navi.
All'inizio del V secolo a Padova fu posta un Praefectus Sarmatarum Gentilium, ovvero una delle 13 guarnigioni di Sarmati (guerrieri provenienti dai Balcani) a difesa dell'impero. Probabilmente la guarnigione era di stanza a Sarmeola (Sarmaticula), frazione di Rubano e a Sermazza (località di Vigonovo), entrambe poco fuori città.

L'inusuale e consistente presenza militare dopo secoli di pace non aiutò però la città a fare fronte all'arrivo delle popolazioni che attraversavano le Alpi.
Nel 452-453 la città fu devastata dall'invasione degli Unni di Attila; dal 535 al 553 imperversò la guerra tra Bisanzio e i Goti alleati dei Franchi.
Come se non bastassero le guerre e i saccheggi, nel 589 il Brenta tracima violentemente allagando tutto il territorio cittadino e le campagne circostanti. Per capire la portata dell'evento, basti pensare che il corso del fiume deviò, portandosi a nord e il suo posto fu preso dal Bacchiglione.
Solo pochi anni dopo, nel 602 d.C., il colpo di grazia arriva dai Longobardi che la rasero al suolo.
In quel momento la città viene quasi completamente abbandonata: alcuni si rifugiano a Monselice, altri fuggono verso la Laguna, seguendo il corso del Brenta e si insediano su alcune isole che poi formeranno l'area di Rialto a Venezia.